• Introduzione
  • 1.1 La crisi dei prezzi dei periodici
  • 1.3 Il prezzo delle due crisi
  • 2. La strategia Open access
  • 2.1 Il “Self-archiving”
  • 2.2 L’Open Archives Iniziative (OAI) 6
  • 3 Bibliotecari per l’” Open Access ”: una proposta per risolvere l’anomalia
  • 4 Bibliotecari (ed autori!) per l’ Open access
  • 5 Se non ora, quando
  • Il ruolo del bibliotecario nel processo di diffusione della comunicazione scientifica. La strategia dell’”open access”




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    Il ruolo del bibliotecario nel processo di diffusione

    della comunicazione scientifica.

    La strategia dell’”open access”

    Eugenio Pelizzari


    Università degli Studi di Brescia


    Introduzione

    Il titolo di questo breve intervento riunisce in sé due questioni che bene mi pare si inseriscano in quello che è l’oggetto del presente convegno, ossia: il cambiamento di ruolo cui il bibliotecario – in particolare quello universitario - è chiamato e la situazione critica in cui si trova il processo di diffusione della comunicazione scientifica.


    In un recentissimo articolo – non ancora pubblicato, ma già disponibile in rete – Peter Suber1 analizza in maniera puntuale i rapporti tra queste due tematiche, e su di esso in parte baserò la mia esposizione.

    1 La crisi della comunicazione scientifica.
    Crisi della comunicazione scientifica ha significato sino ad oggi essenzialmente crisi dei periodici, nel senso di una crescita a dismisura dei costi degli abbonamenti. E’ una realtà certo ben nota a tutti, che ha come conseguenza non solo l’impossibilità di accendere nuove sottoscrizioni, ma anche di mantenere gli abbonamenti già sottoscritti. V’è un’altra conseguenza, meno discussa eppur grave, ed è quella che è stata chiamata la “cannibalizzazione delle monografie”, a dire che gli sforzi per mantenere gli abbonamenti ai periodici compromette in maniera drammatica la possibilità di acquistare monografie.2
    Peter Suber, nell’articolo che citavo in apertura, sottolinea come questa crisi abbia un doppio aspetto, o meglio sia entrata in una seconda fase.


    1.1 La crisi dei prezzi dei periodici

    La prima fase della crisi della comunicazione scientifica è chiamata appunto la crisi dei prezzi dei periodici. Essa dura da quattro decenni e l’avvento delle nuove tecnologie, di Internet in particolare, non ha contribuito, come forse ingenuamente noi bibliotecari avevamo sperato, ad attenuarla. L’ha al contrario esasperata, perché l’impossibilità, o la difficoltà, attuale di abbandonare il cartaceo ha consentito politiche editoriali che hanno determinato un ulteriore innalzamento dei costi, necessari per potersi garantire sia la copia cartacea sia quella elettronica. Anche le attività consortili, pur di estrema importanza e di ricca potenzialità, non sono state sinora in grado di contrastare efficacemente questa tendenza. 3

    In sostanza: oggi spendiamo di più, ed ogni anno di più, per gli abbonamenti ai periodici.

    1.2 La crisi dell’accesso o “permission crisis”.
    La seconda fase, che dura da una decade, non ha ancora un nome. Suber propone di chiamarla la “permission crisis”, che tradurrò con “crisi dell’accesso”; essa è il risultato di un numero crescente di barriere legali e barriere tecnologiche poste per limitare alle biblioteche l’uso di periodici per i quali hanno pur profumatamente pagato. Le barriere legali nascono dalle leggi sul copyright e dalle politiche per le licenze; le barriere tecnologiche sono messe in opera tramite software che blocchino l’accesso ad utenti non autorizzati, a volte con l’aiuto di speciali hardware.

    La crisi dell’accesso deriva in sostanza da questi quattro elementi: licenze, contratti, hardware e software.


    Per chiarire meglio come tale crisi si espliciti ho trasposto alla mia realtà lavorativa quella che è – o dovrebbe essere - una famosa “sequenza” proposta da Stevan Harnad4 e che sono certo è possibile estendere a molte realtà.
    [Presentazione Power Point: Cosa c’è di sbagliato in questa storia?]

    1.3 Il prezzo delle due crisi

    Se dunque la crisi dei prezzi ha come conseguenza che le biblioteche paghino costi intollerabili per gli abbonamenti dei periodici, la crisi degli accessi significa che, anche quando pagano, le biblioteche sono bloccate o da vincoli contrattuali o da barriere tecnologiche che impediscono loro di usare i periodici elettronici per lo meno nello stesso modo in cui ora – pur con i vincoli della nuova legge sul diritto d’autore – usano quelli cartacei. Mentre la crisi dei prezzi colpisce sia i periodici cartacei sia i periodici elettronici, la crisi dell’accesso colpisce infatti solo quest’ultimi.


    Messi insieme questi due fenomeni hanno un semplice e sconcertante risultato: le biblioteche - nell’era di Internet - stanno pagando di più per avere di meno. L’attuale situazione ha, come altro ormai non più accettabile corollario, di ostacolare di fatto lo sviluppo della ricerca scientifica, che non è solo una questione di docenti e ricercatori, ma è una questione di salute, di progresso, di cultura e di civiltà che riguarda la società nel suo complesso. Che, dunque, “ci” riguarda. Tanto più che sono soprattutto le voci “fuori dal coro”, in qualche modo “eretiche” piuttosto che “non conformi”, ad essere impedite di farsi sentire. Ammettiamolo, non è un bel quadro…


    2. La strategia Open access

    Pur essendo al centro di un esteso ed intenso dibattito, la strategia così detta dell’”Open Access” è ancora caratterizzata da alcune ambiguità, che forse è meglio chiarire. Occorre innanzitutto venire in chiaro sul significato di Open Access. Quello che infatti, spesso, si vorrebbe far passare per una distinzione filologica è, in realtà e prima di tutto, una distinzione politica cruciale. La distinzione è tra una nozione tecnica e neutrale di Open, traducibile con "interoperabile" e una nozione sostanziale di Open come libertà senza barriere (in particolare economiche) di accedere alla letteratura scientifica. Potremmo ritradurre la differenza così: “Open di diritto vs.Open di fatto”. E' chiaro che senza il primo non si dà neppure il secondo, ma noi bibliotecari - e con noi la grande maggioranza dei ricercatori del pianeta - siamo interessati alla possibilità di accedere concretamente ai documenti scientifici e non soltanto in linea di principio!

    Perdere la fondamentale valenza politica del termine Open apre a quello che, al sottoscritto e credo a molti altri, appare una caricatura: la rivendicazione fatta anche di recente, a Parigi, da parte di Elsevier di essere un campione dell'Open Access!

    Fa un certo effetto ....






    2.1 Il “Self-archiving”

    Parlare di Self-archiving vuol dire parlare essenzialmente di Stevan Harnad, uno dei più entusiastici fautori e sostenitori del “movimento per la liberazione della produzione scientifica”.

    La sua posizione iniziale, che propugnava la semplice messa a disposizione in rete da parte degli autori, liberamente accessibile a tutti, di qualsiasi loro produzione, è andata progressivamente evolvendosi,5 dietro le pressanti esigenze poste (anche dai più sensibili al tema del libero accesso) in merito alla qualità dei prodotti messi a disposizione.

    Tale pratica è dunque oggi auspicata esclusivamente in relazione alla produzione scientifica passata attraverso un controllo di qualità e che viene ceduta gratuitamente dagli autori agli editori.

    Per tali materiali, e solo per essi, la parola chiave di tale strategia è: “Libero accesso” (subito, per tutti, per sempre e gratis).

    2.2 L’Open Archives Iniziative (OAI)6



    Self-archiving e Open Archives Initiative non sono la stessa cosa.

    Open”, all’interno della strategia e del progetto OAI, non significa affatto “gratuito”, né significa necessariamente dare accesso al full text delle risorse trovate in rete. In un certo senso l’Open Archives Initiative ha un obiettivo se non più ambizioso, certo più vasto della strategia di Self-archiving.

    Il suo obiettivo, infatti, è quello di fornire standard di interoperabilità condivisa, tramiti appositi protocolli, dell’intera letteratura digitale on-line: auto archiviata o meno, gratuita o a pagamento, per periodici, riviste o qualsiasi altro “oggetto digitale”, sia full text sia no, sia centralizzata su un unico archivio sia distribuita.

    La parola chiave che sta dietro a tale iniziativa è: Interoperabilità.


    Se dunque l’iniziativa proposta da Harnad ed altri ha lo scopo di rendere disponibile in rete la produzione scientifica di ambito accademico passata da una certificazione di qualità, il protocollo OAI-MHP (Metadata Harvesting Protocol) consente che tale letteratura sia interconnessa e recuperabile. In un certo modo possiamo dire che OAI offre valore aggiunto strategico al Self-archiving.

    3 Bibliotecari per l’”Open Access”: una proposta per risolvere l’anomalia


    Sia la crisi dei prezzi, sia la crisi dell’accesso possono essere risolte tramite la strategia dell’Open access, almeno per come io la intendo; ossia dall’integrazione della strategia del Self-archiving con le potenzialità offerte dall’interoperabilità, promossa dall’Open Archives Initiative, a dire dall’integrazione delle potenzialità, offerte dalla prima,

    di rendere disponibile in rete la produzione scientifica, con la capacità della seconda di interconnettere e consentire il recupero di questa letteratura, altrimenti dispersa in un oceano di più o meno autorevoli – ma di fatto irricercabili – siti e pagine web). E se la strategia dell’Open access può essere problematica per determinati prodotti della comunicazione scientifica essa è certamente agibile per la letteratura periodica di carattere accademico, che è il tipo di letteratura maggiormente colpito dalla crisi dei prezzi e dalla crisi degli accessi.

    3.1 I veicoli dell’Open access
    I due principali veicoli per l’Open access sono:


    1. gli archivi Open access

    2. i periodici Open access.



    3.1.1 Gli archivi Open access
    Gli archivi Open access non gestiscono in proprio la certificazione di qualità, limitandosi – si fa per dire – a mettere a disposizione dell’universo mondo, gratuitamente, i loro contenuti, eventualmente passati da un processo di certificazione di qualità. Esistono oggi software gratuiti, open source, (Eprints.org7 e Dspace8 sono i più conosciuti ed usati) che consentono la costruzione e la gestione di archivi interoperabili sulla base del protocollo OAI. Quando un archivio usa il protocollo OAI (OAI-PHM) è possibile recuperare i suoi contenuti senza sapere che l’archivio esiste, dove si trova e che cosa contiene. Il costo di tali archivi è letteralmente trascurabile: un server e una frazione del tempo di lavoro di un buon informatico.

    3.1.2 I periodici Open access
    I periodici Open access, invece, gestiscono normalmente, secondo procedure proprie, il processo di certificazione di qualità e successivamente mettono a disposizione del mondo i contenuti passati a questo controllo. Esistono già realtà consolidate di questo tipo, così come esistono editori Open access; BioMed Central,9 ad esempio, che pure molti medici e ricercatori non conoscono, offre decine e decine di titoli scientifici in ambito biomedico liberamente accessibili. La possibilità di azione dei bibliotecari in questo campo è limitata, eppur strategica, ed è precisamente quella di portare a conoscenza di docenti e ricercatori l’esistenza di tali possibilità ed iniziative.


    4 Bibliotecari (ed autori!) per l’Open access

    I bibliotecari possono giocare un ruolo centrale nella costruzione di archivi interoperabili. Io direi: ineludibile.

    È bene, a questo proposito, per specificare ulteriormente l’ambito concettuale e strategico all’interno del quale ci stiamo muovendo, riprendere le “Cinque utili distinzioni” da tempo introdotte da Harnad:10


    1. Tra letteratura “non-give-away” (che non è ceduta gratuitamente e origina guadagni per l’autore) e quella “give-away (la cui finalità non è il guadagno ma la massima diffusione dei risultati della ricerca. Anche a fini di carriera);

    2. tra incasso (income: proveniente dalle vendite) e impatto (impact: derivante dall’uso);

    3. tra copyright come protezione dal furto della paternità intellettuale (theft-of-authorship: ossia plagio, che è un reato) e copyright come protezione dal furto del testo (theft-of-text: pirateria, contrastata dall’editore ma che lascia indifferente – se non contento – l’autore che mira alla massima diffusione del suo lavoro);

    4. tra auto-pubblicazione (self-publishing, che dà origine alla cosiddetta vanity press) e auto-archiviazione (self-archiving, che riguarda ricerche pubblicate e passate al controllo di qualità);

    5. tra preprints (non sottoposti al controllo di qualità) e postprints (già apparsi su periodici peer reviewed o comunque passati ad un controllo di qualità).

    4.1 Prima strategia per l’ Open access
    La prima strategia che i bibliotecari possono favorire è dunque quella dell’auto-archiviazione (da parte degli autori) su un server gestito dalla biblioteca, tramite un programma che sia compatibile con il protocollo OAI, della produzione scientifica universitaria che sia già passata da un controllo di qualità.

    Quello che gli autori debbono fare, al momento della cessione del copyright all’editore, è di chiedere l’inserimento nel contratto della seguente clausola (ovviamente nella lingua appropriata):


    Trasferisco all’editore tutti I diritti di vendere o cedere il testo (su carta o on-line) del mio articolo [titolo dell’articolo]. Trattengo il solo diritto di distribuirlo gratuitamente per scopi scientifici ed accademici, in particolare il diritto di archiviarlo on line sul web”.
    Secondo Harnad, circa l’80% degli editori già accetta questa clausola.

    Una prima ricognizione sull’atteggiamento degli editori verso gli Open Access è stata svolta dal Progetto Romeo,11 i cui risultati sono disponibili in rete.


    Toccherà poi alla biblioteca aggiungere indicizzazioni formali alle parole chiave fornite dall’autore, gestire, se vuole, servizi avanzati nonché gestire il server.

    Nulla esclude, infine, che l’auto-archiviazione possa essere estesa ad altri oggetti digitali, ma questa non sembra a me oggi la questione prioritaria.



    4.2 Seconda strategia per l’Open access
    La seconda strategia che può essere stimolata dalle biblioteche è rivolta agli autori più “coraggiosi”, cui vanno forniti gli strumenti, le conoscenze e l’appoggio che consentano l’aggiramento degli eventuali vincoli posti dall’editore. Le due modalità proposte da Harnad sono:


    1. il “Linked corrigenda file

    2. la “Revisione” strategica


    4.2.1 Il “Linked corrigenda file”
    La prassi di questa modalità si concretizza nei seguenti passi:


    1. L’autore auto-archivia sul server della biblioteca il pre-print del suo articolo (il cui copyright non gli è mai chiesto di cedere);

    2. Unitamente ad esso pubblica un file con la lista delle correzioni che debbono essere apportate al pre-print;

    3. Seguendo tale file è possibile ricostruire il testo del “referred post-print” (l’articolo pubblicato, con la certificazione di qualità).


    4.2.2 La “Revisione strategica”
    L’autore cede normalmente all’editore il proprio contributo, unitamente al copyright. Una volta pubblicato presso l’editore l’articolo passato al controllo di qualità, l’autore fa del medesimo una revisione strategica, non sostanziale, di cui non serve cedere il copyright. Procede quindi ad auto-archiviare tale versione rivista sul server di e-prints gestito dalla biblioteca, alla quale spetteranno poi le medesime funzioni viste precedentemente.
    A detta di Oppenheimer,12 sia lo stratagemma del “corrigenda file” sia quello della revisione strategica sono giuridicamente ineccepibili.
    4.3 I risultati
    I risultati di tale strategia combinata sono facilmente riassumibili e, se permettete, entusiasmanti:


    1. Gli articoli pubblicati, come sempre, sulle riviste individuate dagli autori, che non dovrebbero modificare in nulla la loro strategia se non nei termini della richiesta di mantenere il copyright;

    2. La produzione scientifica accessibile sempre, per tutti, gratuitamente, in rete, senza barriere di sorta;

    3. Le esigenze di riconoscimento ai fini di carriera per gli autori salvaguardate;

    4. Una pervasiva circolazione della comunicazione scientifica

    La strategia Open access è dunque in grado di risolvere sia i problemi dei bibliotecari sia quelli degli autori e dei ricercatori.
    I bibliotecari si vedrebbero risolte, in un sol colpo, sia la crisi dei costi sia quella degli accessi.
    Gli autori, dando libero accesso a tutti coloro che ne abbisognino, alla loro produzione scientifica, potranno legittimamente attendersi per i propri lavori un impatto che difficilmente un editore sarà in grado, se non oggi almeno in futuro, di garantire.
    I bibliotecari dovrebbero dunque essere l’attore che ha la visione più precisa e strategica di questa problematica; gli autori coloro che ne controllano la soluzione, fornendo i propri materiali.
    Da qui, dal beneficio che la strategia Open access offre sia alla comunità bibliotecaria sia a quella accademica e scientifica, la necessità che bibliotecari ed autori lavorino assieme al fine di portare l’Open access in ogni istituzione ed in ogni disciplina, anche se i tempi saranno indubbiamente diversi.


    5 Se non ora, quando?

    Due affermazioni, riportate di seguito, sottolineano con forza questo nuovo ruolo a cui i bibliotecari sono chiamati. La prima èla frase di chiusura del citato articolo di Suber, la seconda è di Barbara Quint, dell’anno scorso. Entrambe sembrano porre la stessa, cruciale domanda: “Se non ora, quando?”.


    Dice Suber:
    Internet ha dato agli studiosi ed ai bibliotecari un'occasione senza precedenti per risparmiare soldi e promuovere i loro interessi allo stesso tempo. Dovremmo semplicemente coglierla. Che cosa stiamo aspettando?
    Ribadisce Quint:13

    Questa è la migliore opportunità che i bibliotecari abbiano mai avuto per spezzare le catene che hanno limitato loro ed i loro budgets.(…) Chi contribuirà a creare un miglior processo nella comunicazione scientifica? Chi farà il duro lavoro e se ne assumerà la responsabilità? (…)Se i bibliotecari delle università non accetteranno di pagare questo prezzo, ed ora, potranno trovarsi tagliati fuori da quel futuro, e forse da qualsiasi futuro. (…) Agite! Agite ora. Ora o mai più.

    Ma siccome noi passiamo ed il mondo forse, almeno per un po’, andrà avanti, vorrei chiudere il mio intervento con una considerazione di Elias Canetti, che ci ricorda che anche quando la strategia Open access si fosse affermata il nostro compito, come bibliotecari e come esseri umani, avrà altri campi su cui cimentarsi, altre mete da porsi.

    Dice dunque Canetti:14
    Dall’equilibrio tra sapere e ignoranza dipende quanto si è saggi. L’ignoranza non deve impoverirsi con il sapere. Per ogni risposta deve saltare fuori - lontano ed apparentemente non in rapporto con essa – una domanda che prima dormiva appiattata.

    Chi ha molte risposte deve avere ancor più domande.

    Eugenio Pelizzari, 31 gennaio 2003



    1 Suber, Peter (2003) Removing the Barriers to Research: An Introduction to Open Access for Librarians.

    URL: http://www.earlham.edu/~peters/writing/acrl.htm. Ultima visita: 30/01/03.



    2 Guerra, Luca (2002) Paradigmi emergenti della scholarly communication. Bollettino AIB, n. 4

    3 Pelizzari, Eugenio (2002) Crisi dei periodici e modelli emergentinella comunicazione scientifica: uno spazio d’azione per le biblioteche.Biblioteche Oggi, 20 (9), p. 46-56.

    URL: http://www.bibliotecheoggi.it/2002/200211pelizzari46.pdf. Ultima visita 30/01/03.



    4 Harnad, Stevan (1998) For Whom the Gate Tolls? Free the Online-Only Refereed Literature.

    URL: http://www.ukoln.ac.uk/events/open-archives/presentations/harnad.pdf. Ultima visita 30/01/03.



    5 Duranceau, E. Finnie, Harnad, Stevan (1999) Electronic Journal Forum: Resetting Our Intuition Pumps for the Online-Only Era: A Conversation With Stevan Harnad. Serials Review, 25 (1), p. 109-115.

    URL: http://www.ecs.soton.ac.uk/~harnad/Papers/Harnad/harnad99.ejforum.html. Ultima visita 30/01/03.



    6 Open Archive Initiative. URL: http://www.openarchives.org/. Ultima visita 30/01/03.

    7 Eprints.org. URL: http://www.eprints.org/. Ultima visita 30/01/03.

    8 DSpace. URL: http://www.dspace.org/. Ultima visita 30/01/03.

    9 BioMed Central. URL: http://www.biomedcentral.com/. Ultima visita 30/01/03.

    10 Harnad, Stevan (1998). Cit.

    11 Project Romeo. URL: http://www.lboro.ac.uk/departments/ls/disresearch/romeo. Ultima visita 30/01/03.

    12 Oppenhaim, Charles (2001) The legal and regulatory environment for electronic information. Infonortics.

    URL: http://www.infonortics.com/publications/legal4.html. Ultima visita 30/01/03.



    13 Quint, Barbara (2002)http://www.infotoday.com/searcher/jan02/voice.htm. Ultima visita 30/01/03.

    14 Canetti, Elias (1983) La provincia dell'uomo : quaderni di appunti, 1942-1972 . 4. ed. Milano : Adelphi.

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