• · un Ofanto ben diverso dall’attuale, allora navigabile dall’Adriatico fino a Canosa, attraverso la Daunia; ·
  • § la geografia che torna ad imporre le sue ragioni alla storia (16);
  • § l’esempio ulteriore di quei “tempi lunghi” che – per dirla con Braudel – la sola storia evenemenziale ed eventografica non riesce a tenere in conto.
  • Carmine Crocco, il Brigante lucano più conosciuto e temuto, scrisse
  • Anche se antica, questa storia racconta quello che siamo, racconta il carattere della gente lucana.
  • Sentimento di appartenenza alla lucania




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    Sana07.07.2020
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    Polla, per la sua felice posizione, ha avuto, sin dai tempi passati, un ruolo strategico di collegamento con i territori limitrofi e, quindi, ha rappresentato un’importante crocevia per le popolazioni migratorie. Oggi, a ben considerare, continua ad avere tale caratteristica territoriale, grazie soprattutto alla rete stradale rappresentata dall’autostrada e dalla S.S. 19 ter, dall’Ospedale “Luigi Curto”, ubicato a circa 500 m. dallo snodo autostradale, da un vivace pullulare di attività produttive distribuite nella vicina Area Industriale. Territorialmente confina, oltre che con i vicini paesi del Cilento, con i comuni di Brienza e Sant’Angelo Le Fratte, appartenenti alla Regione Basilicata. Dista 75 Km da Salerno (tempi di percorrenza circa 35 minuti), 135 Km da Napoli, 50 Km da Potenza

    Abbiamo la consapevolezza di essere soltanto, e non può rilevarsi diversamente, i portatori naturali di quei valori sociali e culturali, che da secoli vivono e vegetano nel nostro DNA, perché trasmessi dai nostri antenati, e che dobbiamo conservare gelosamente nello scrigno della nostra storia e della nostra memoria. Da qui al sentimento di appartenenza alla LUCANIA la via è breve e non si fa fatica a viverci dentro e fuori, senza se e ma, dovunque e comunque….

    Polla è una ridente località del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che si estende lungo la dorsale appenninica, indicata quale porta d'ingresso del Vallo di Diano. Per la mitezza del clima e per la bellezza dei luoghi, durante la stagione estiva, Polla si popola di numerosi villeggianti. Il territorio si presenta integro ed incontaminato. Percorrendo l'autostrada A3 Salerno/Reggio Calabria dall'uscita di Polla le Grotte dell’Angelo distano soli 5 km. 

    Il centro storico dal suo aspetto tipicamente medievale a cui nell’antichità era possibile l’accesso attraverso le porte che ancora oggi conservano la loro denominazione. Nella Piazza dei Parlamenti è possibile ammirare la chiesa Madre di San Nicola dei Latini, detta così per contrapporla alla chiesa di San Nicola dei Greci, in cui era professato il rito greco, il castello della antica famiglia Villano che domina sull’intero paese ed ancora il Santuario di Sant’Antonio famoso per la sua quadreria di 40 tele del pittore Michele Ragolia.

    Il Comune di Polla, piccolo centro posto all’imbocco del Vallo di Diano, è la porta di accesso per i visitatori e turisti che amano l’arte e la natura. Infatti nei paesi limitrofi di Teggiano e Padula possono visitare,rispettivamente, il Museo Diocesano e il Museo Archeologico della Lucania Occidentale, dove sono conservati importanti e pregevoli reperti archeologici. Altri monumenti d’importanza archeologica, oltreché storica, sono il Mausoleo, di epoca imperiale, eretto in onore dell’alto Magistrato romano (quadrunviro) Caio Utiano Rufo, ubicato in contrada Tempio, il Ponte romano, databile intorno al 1° secolo a.C., che si distende sulle acque del fiume Tanagro e in pieno centro cittadino, e l’Elogium o, detto anche, Lapis Pollae, incastonato in un manufatto di epoca fascista del 1934. Quest’ultimo è importante perché rappresenta l’unico monumento epigrafico, databile intorno al II° secolo a.C., utilizzato dagli occasionali viaggiatori, per conoscere le distanze intercorrenti da un luogo all’altro, oltre a rappresentare un unicum del suo genere a testimoniare la riforma agraria voluta dai fratelli Gracco, Tiberio e Caio, la costruzione, sul posto dell’epigrafe, di un Forum con annessi edifici pubblici ed, infine, la restituzione ai legittimi proprietari di 917 schiavi nella Provincia siciliana.

    Così la Lucania è una regione della penisola ma non è una regione dell'Italia!
    Negli ultimi decenni si è sviluppato nel Cilento un'iniziativa, Grande Lucania, tesa alla riaggregazione alla Basilicata delle comunità lucane attualmente in provincia di Salerno. A questo stesso obiettivo mirano altri comuni oggi in provincia di Cosenza e di Bari.


    In una riorganizzazione amministrativa dello Stato italiano, auspicata dalla maggioranza delle forze politiche, la ricomposizione della Lucania sarebbe opportuna perché risponderebbe a più obiettivi, in particolare renderebbe più efficienti le presenze istituzionali. Si pensi alla razionalizzazione della macchina della giustizia che potrebbe a breve portare alla chiusura dei Tribunali presenti sia nel Lagonegrese che nelle confinanti aree della provincia di Salerno. Effetto analogo si può ipotizzare per quanto riguarda la rete sanitaria e la rete scolastica.
    Le popolazioni dell'Alto Jonio, del Cilento e del Vallo di Diano sono unite dalle tradizioni culturali e storiche: sono un unico popolo!


    Il primo passo compete al Consiglio regionale della Basilicata, che, con propria deliberazione, può avanzare la richiesta di modifica costituzionale. I rappresentanti a livello regionale si devono far carico delle aspettative delle comunità lucane di ricomposizione della Regione Lucania.

    Vero crocevia di scambi e di culture – incentrato nella parte settentrionale della regione – il tessuto territoriale utilizzava a mo’ di vie di comunicazione le direttrici fluviali che lo attraversavano a raggiera:

    ·        un Ofanto ben diverso dall’attuale, allora navigabile dall’Adriatico fino a Canosa, attraverso la Daunia;

    ·        il Sele che dall’Irpinia portava al Tirreno, in territorio etrusco, alimentato principalmente dalle copiose acque del Tanagro;

    ·        il Bradano, il Basento, l’Agri e il Sinni, che dall’entroterra sfociavano nello Ionio e che, in senso inverso, favorivano la penetrazione dell’influsso magnogreco.

         Erano dunque le direttrici  fluviali a costituire le infrastrutture economico-commerciali dell’epoca. Oggi, dopo secoli di impervia marginalità,  si torna a percorrerle in autostrada o superstrada (l’“ofantina”, la “basentana”, la “bradanica”, la “sinnica” ecc.), con coincidenze toponomastiche non casuali, dense bensì di suggestioni di gran momento:



     

    § la geografia che torna ad imporre le sue ragioni alla storia (16);

    § la conformazione geomorfologica di un territorio che ne ridetermina la vocazione economica anche a distanza di millenni, secondo un modello di sviluppo di cui si erano nel frattempo perse le tracce;

    § l’esempio ulteriore di quei “tempi lunghi” che – per dirla con Braudel – la sola storia evenemenziale ed eventografica non riesce a tenere in conto.


    E’ l’unica regione d’Italia ad avere due denominazioni che identificano lo stesso territorio. Lucania infatti fu la sua denominazione ufficiale dal 1932 al 1947, nome che è poi è rimasto insieme a Basilicata e che ancora oggi è molto sentito e amato dalla sua popolazione. Per questo motivo, gli abitanti della Basilicata sono chiamati lucani.
    Il grande meridionalista lucano Francesco Saverio Nitti, Presidente del Consiglio a cavallo degli anni ’20 racconta così, in suo libro "Eroi e Briganti" del 1899, una scena che ancora oggi si ripete quasi uguale:


    "Che nome ha la terra in cui siete nato?" mi domandò una vecchia signora che, nei suoi giovani anni, era stata nel Mezzogiorno d’Italia. "Sono di Napoli", risposi. "Proprio di Napoli?". "No, di una terra ancora più meridionale, della Basilicata". Mi accorsi che il nome riusciva nuovo e volli precisare. "E' una terra", io dissi, "molto grande, grande la terza parte del Belgio, grande più del Montenegro: non ha città fiorenti, ne' industrie. La campagna è triste e gli abitanti sono poveri. E' bagnata da due mari e l’uno e l’altro hanno costiere assai malinconiche; dintorno ha le Puglie, i Principati e le Calabrie". I nomi di queste terre dovettero produrre una certa impressione poiché la mia interlocutrice non mi fece quasi finire. "Il vostro", mi disse, "se è tra la Calabria e le Puglie, deve essere il paese dei briganti.

    Già, la Basilicata è la terra dei Briganti. Ne avrete sentito parlare immagino. No? Una definizione enciclopedica definirebbe il Brigantaggio una forma d’insurrezione politica e sociale sorta nel Mezzogiorno italiano durante il processo di unificazione dell’Italia e il primo decennio del Regno. Gli autori della resistenza furono infatti definiti, in senso dispregiativo, briganti dai militanti unitari, in altre parole fuorilegge.
    Avete mai sentito parlare di Carmine Crocco, Nicola Napolitano, NincoNanco, Giuseppe Caruso, Michelina Di Cesare, Antonio Locaso, Luigi Alonzi o Damiano Vellucci?
    I nomi di queste persone ancora oggi sono ricordati nelle storie e nei canti popolari della nostra terra. Sono nomi che riecheggiano tra le dolomiti e il Vulture, ma sono nomi che molti ricordano con nostalgia. E già, perché quelli che il Regio esercito chiamava fuorilegge, per molti erano amici del popolo, per il quale combatterono e morirono. Erano parte stessa di quel popolo.


    Carmine Crocco, il Brigante lucano più conosciuto e temuto, scrisse:

    " E intorno a noi il timore e la complicità di un popolo. Quel popolo che disprezzato da regi funzionari ed infidi piemontesi sentiva forte sulla pelle che a noi era negato ogni diritto, anche la dignità di uomini. E chi poteva vendicarli se non noi, accomunati dallo stesso destino? Cafoni anche noi, non più disposti a chinare il capo. Calpestati, come l’erba dagli zoccoli dei cavalli, calpestati ci vendicammo. Molti, molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro rivoluzioni. Ma libertà non è cambiare padrone. Non è parola vana ed astratta. E' dire senza timore, E' MIO, e sentire forte il possesso di qualcosa, a cominciare dall’anima. E' vivere di ciò che si ama. Vento forte ed impetuoso, in ogni generazione rinasce. Così è stato, e così sempre sarà… "

    Anche se antica, questa storia racconta quello che siamo, racconta il carattere della gente lucana.

    Quell’amore per la propria terra, per la propria gente, per le proprie tradizioni, per il lavoro, quell’umiltà, quel carattere deciso, festoso ma malinconico, silenzioso e un po’ rassegnato, cocciuto, ma assennato è ancora oggi il tratto che accomuna tutte le genti lucane. Siamo così. E ne andiamo fieri.
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